Dustin Johnson ha vinto con 276 colpi (67 69 71 69, -4) l’US Open, il secondo major stagionale disputato sul quasi impossibile percorso dell’Oakmont CC (par 70), a Oakmont in Pennsylvania, dove Matteo Manassero si è classificato 46° con 290 (76 70 71 73, +10).
Johnson (nella foto) ha trasformato il giro finale, che nei major gli aveva procurato alcune cocenti delusioni, in una passerella in cui ha staccato i suoi avversari e ha potuto conquistare il primo titolo in una gara del grande slam lasciando a tre colpi Jim Furyk, Scott Piercy e l’irlandese Shane Lowry (279, -1), leader dopo tre turni con quattro di vantaggio sullo stesso vincitore e su Andrew Landry, scomparso rapidamente di scena.
Per la verità Johnson aveva chiuso avanti di quattro colpi, ma ne ha subito uno di penalità per una palla che gli si era mossa sul green della buca 5, mentre si preparava ad effettuare il putt. Si è immediatamente consultato con un giudice, ma il colpo in più gli è stato comunicato sul tee della buca 12 dopo che era stato più volte rivisto il filmato. In ogni caso Johnson ha festeggiato nel migliore dei modi il 32° compleanno che cadrà mercoledì 22 giugno, e ha sfatato quello che era divenuto quasi un tabù, dopo il secondo posto dello scorso anno e ben undici top ten in questo tipo di gare.
Tra i protagonisti lo spagnolo Sergio Garcia e il sudafricano Branden Grace, quinti con 280 (par), con il primo per parecchie buche in corsa per il titolo, e tra i delusi, anche se terminato all’ottavo posto con 282 (+2), l’australiano Jason Day, numero uno mondiale, Hanno fatto comunque peggio Jordan Spieth, 37° con 289 (+9), numero due, campione uscente e autore di una prestazione assolutamente anonima, e il nordirlandese Rory McIlroy, uscito al taglio.
Si è comportato bene il neo pro Bryson DeChambeau, 15° con 285 (+5), stesso score di Andrew Landry, sorpresa per 54 buche e poi crollato (78, +8) quando la pressione si è fatta sentire. Poco dietro l’australiano Adam Scott e il nordirlandese Graeme McDowell, 18.i con 286 (+6), e i sudafricani Louis Oosthuizen e Charl Schwartzel, 23.i con 287 (+7). E’ franato l’inglese Lee Westwood, da quarto a 32° con 288 (+8), travolto da un 80 (+10), e hanno affiancato Spieth il tedesco Martin Kaymer e l’inglese Danny Willett, vincitore del Masters, mentre Bubba Watson ha segnato il medesimo punteggio di Manassero.
Il taglio, caduto a 146 (+6), ha bocciato parecchi giocatori di primo piano: Phil Mickelson, 68° con 147 (+7), il già citato Rory McIlroy, Patrick Reed e gli inglesi Justin Rose, Luke Donald e Paul Casey, 75.i con 148 (+8), Keegan Bradley, 89° con 149 (+9), il sudafricano Ernie Els, 100° con 150 (+10), e Rickie Fowler, 107° con 151 (+11)
Shane Lowry, che pure aveva l’esperienza di un successo in un torneo del WGC (Bridgestone Invitational, 2015) dove aveva battuto l’élite mondiale, ha iniziato rapidamente a perdere terreno e quando alla decima buca ha raccolto il quarto bogey era già praticamente fuori gioco almeno mentalmente, perché i numeri ancora non lo condannavano. Ha provato a rialzarsi con un birdie, ma altri tre bogey di fila (76, +6) hanno rischiato di fargli perdere un secondo posto più che meritato.
Dustin Johnson ha cominciato con un birdie l’opera di recupero e ne ha aggiunto un altro prima del giro di boa. Con “meno 5” si è portato in vetta, ancora in compagnia, e quando sono arrivati l’unico bogey di giornata alla 14ª e l’altro ricevuto a tavolino in realtà i giochi erano già fatti. In primo luogo per i suoi meriti e per essersi saputo trarre d’impaccio in situazioni difficili, grazie in particolare al putter, e poi perché i suoi avversari gli hanno lasciato campo libero. Scott Piercy, dopo tre birdie, ha mollato con due bogey sulle ultime tre buche (69, -1) e Sergio Garcia, che aveva tenuto bene con quattro birdie e un bogey, ha perso tre colpi con altrettanti bogey dalla 14ª alla 16ª. Quanto a Jim Furyk, arrivato in club house con notevole anticipo dopo una rimonta dal 21° posto con un 66 (-4, con cinque birdie e un bogey), non è stato mai un pericolo, anche se è salito progressivamente di classifica senza far più nulla, se non osservare i suoi avversari che perdevano colpi.
“Mi sono concentrato esclusivamente sul mio gioco – ha detto al termine Dustin Johnson – senza pensare agli altri. Avevo per avversario solo il campo. Così ho cercato di eseguire buoni colpi lunghi per poi chiudere con due putt. Ho avuto un ottimo feeling con il putter e questo è stato in gran parte determinante. Avere un major nel palmares? Fa sentire veramente bene, specie dopo aver perso in precedenza alcune opportunità. Inoltre il successo è giunto in un momento importante anche per la vita famigliare, poiché fra tre giorni sarà il mio compleanno. La penalità? Visto che non ha influenzato il risultato non mi ha creato alcun problema. Inoltre sono certo di non aver fatto nulla per provocare il movimento della palla”.
Dustin Johnson, nativo di Columbia (South Carolina), ha siglato il decimo titolo in 193 gare disputate e da nove anni conquista almeno un successo a stagione E salito dal sesto al terzo posto nel world ranking (punti 9,65), dove sono rimasti nei primi due Jason Day (p. 13,36) e Jordan Spieth (p. 11,13), e ha superato Rory McIlroy (p 9,39) e Bubba Watson (p. 7,42). Usufruirà di cinque anni di esenzione nel PGA Tour e potrà partecipare all’US Open per i prossimi dieci anni e per cinque agli altri tre major e al The Players Championship. E nemmeno è da trascurare la prima moneta di 1.800.000 dollari su un montepremi di 10 milioni di dollari.
Note positive per Matteo Manassero, che non disputava l’US Open da tre stagioni e che ha dimostrato di essere sulla via giusta per tornare ai suoi livelli. Anche l’antefatto è stato buono, perché non era facile entrare nel field attraverso la prequalifica (nono al Walton Heath Golf Club in Inghilterra).
Dopo un primo giro arduo per le condizioni ambientali, ha effettuato due buoni turni centrali su un percorso al limite, come del resto viene sempre presentato in questo major, con green velocissimi e le cui difficoltà sono testimoniate dai soli quattro giocatori capaci di scendere sotto par. Ha concluso con un 73 (+3, con tre bogey) in un contesto in cui ci sono stati solo sette score inferiori al 70.