fbpx

FAQ

In questa pagina si vuol fare un po’ di chiarezza su ciò che rappresenta il golf e su ciò che implica la costruzione e la manutenzione di un percorso di golf.
Capita spesso di sentire o di leggere affermazioni a sfavore dei campi da golf, con argomentazioni che fanno certamente presa sul pubblico, ma che non hanno fondamento scientifico. Non si basano cioè su studi e ricerche ufficiali e sono prive di riferimenti bibliografici o di indicazioni circa le fonti dei dati riportati, spesso lontani dalla realtà.

A titolo di esempio, di seguito alcune delle più comuni affermazioni a sfavore dei campi di golf:

  1. La manutenzione di un percorso di golf richiede un elevato utilizzo di prodotti chimici (fitofarmaci e fertilizzanti)
  2. La manutenzione dei tappeti erbosi comporta un elevato impiego di risorse idriche
  3. La realizzazione di un percorso di golf ha un grande impatto sull’ecosistema
  4. Un percorso di golf determina una alterazione del paesaggio
  5. Sovente la costruzione di un nuovo percorso di golf offre la possibilità di sviluppare nuove iniziative edilizie
  6. I percorsi di golf sono aree chiuse ed esclusive che non comportano benefici alla comunità locale

Obiezione n° 1: La manutenzione di un percorso di golf richiede un elevato utilizzo di prodotti chimici (fitofarmaci e fertilizzanti)

Oramai da anni nella maggior parte dei percorsi di golf i fitofarmaci vengono utilizzati con grande parsimonia. L’introduzione nel 2014 del Piano d’azione Nazionale sull’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari ha poi di fatto vietato l’uso di questi sistemi di lotta nei confronti delle avversità, privilegiando tecniche alternative di difesa che tendono a rendere il tappeto erboso più resistente e quindi a prevenire gli attacchi (interventi agronomici, selezione di essenze resistenti, attento uso dell’acqua, introduzione di microrganismi e micorrize, altro).

Parlando di fertilizzanti, l’unico rischio potrebbe essere rappresentato dall’elemento nutritivo più importante per il tappeto erboso e più facilmente disperdibile nell’ambiente, cioè l’azoto. Nei percorsi di golf tale rischio è estremamente contenuto o addirittura escluso per il fatto che i fabbisogni sono sempre molto bassi, le aree trattate sono circoscritte (dal 2 al 20% massimo della superficie complessiva), i vettori azotati impiegati sono sempre più spesso di origine organica o a lenta cessione ed infine i dosaggi applicati sono sempre necessariamente molto frazionati, per evitare il dilavamento degli elementi nutritivi in falda.

A dimostrazione di quanto detto, una indagine condotta dal C.N.R. (Consiglio Nazionale delle Ricerche), che ha messo a confronto gli impieghi di fertilizzanti nei percorsi di golf con i consumi delle più comuni colture agricole, ha dato risultati assolutamente favorevoli ai percorsi di golf (minori impieghi nel golf del 75% per l’ azoto, dell’85% per il fosforo e del 60% per il potassio).

L’ ultima e non meno importante considerazione in merito all’impiego sia di fitofarmaci che di fertilizzanti, riguarda la biologia del tappeto erboso. Grazie all’elevata densità dei culmi, alla grande attività radicale ed all’intensa attività microbica che genera nel suolo, un tappeto erboso funge da filtro, da mezzo ideale per l’assorbimento e la degradazione delle sostanze chimiche applicate.

Obiezione n° 2: La manutenzione dei tappeti erbosi comporta un elevato impiego di risorse idriche

Le moderne tecniche di costruzione e di manutenzione dei percorsi di golf soprattutto in questi ultimi anni sono concentrate sull’ottimizzazione della gestione dell’acqua. Innanzitutto producendo acqua in proprio, cioè realizzando bacini di raccolta sia delle acque meteoriche che dell’acqua di scorrimento superficiale e sottosuperficiale (drenaggi). Sempre più diffuso inoltre è l’impiego di fonti idriche alternative come le acque reflue provenienti dai depuratori. In questo caso, l’azione di filtro esercitata dal tappeto erboso permette di assorbire e degradare le sostanze contenute in queste acque “sporche”.

Un fondamentale contributo è stato fornito dai ricercatori nel campo delle essenze da tappeto erboso, grazie all’individuazione di varietà e specie sempre meno esigenti dal punto di vista idrico, che nel caso delle specie “macroterme”(gramigne) ad esempio si traduce in risparmi di acqua del 50% ed oltre rispetto ad un tappeto erboso tradizionale.

Anche in questo caso una recente indagine condotta dal C.N.R. (Consiglio Nazionale delle Ricerche) ha permesso di rilevare che un percorso di golf necessità di quantitativi di acqua decisamente inferiori a quelli richiesti dalle più comuni colture agricole (circa il 50% in meno).

Obiezione n° 3: La realizzazione di un percorso di golf ha un grande impatto sull’ecosistema

Affermazione certamente corretta, ma in senso positivo. Solitamente i percorsi di golf vengono realizzati su aree ex agricole, degradate (discariche, cave, altro) o eccessivamente antropizzate. Innegabili ed anche facilmente quantificabili quindi i miglioramenti apportati all’ecoesistema:

aumento della biodiversità (laghi e zone umide, aree boscate e cespugli alternati a zone con tappeto erboso), minore dispersione di prodotti chimici, reinsediamento di specie autoctone, rifugio per la fauna, usufruibilità di nuove aree, effetti positivi sul paesaggio, zona di protezione per aree naturali protette, vantaggi offerti dal tappeto erboso (elevata produzione di O2, fissazione della CO2, riduzione del pulviscolo atmosferico, controllo dell’erosione del suolo, assorbimento di agenti inquinanti, purificazione e conservazione delle acque, apporto di sostanza organica al suolo, barriera antincendio).

Obiezione n° 4: Un percorso di golf determina una alterazione del paesaggio

Un buon progetto di un percorso di golf non può non tenere conto dell’inserimento nel contesto nel quale viene realizzato. L’attenzione viene incentrata nel rispetto delle caratteristiche e delle peculiarità della zona come il paesaggio, l’orografia, gli aspetti idrogeologici, naturalistici e storico-artistici.

Da sottolineare che in diverse situazioni i percorsi di golf hanno offerto ed offrono un’ottima soluzione “verde” per la riqualificazione territoriale di aree degradate come cave o miniere abbandonate, discariche o vecchie aree industriali (alcuni esempi in Italia: Golf Club Parco dei Medici – Roma, Golf Club Roma, Golf Club Matilde di Canossa – Reggio Emilia, Golf Club Le Robinie – Milano, Golf Club Versilia, Golf Club Sanremo, Golf Club Sa Tanka – Cagliari, Golf Club I Fiordalisi, Forlì).

Obiezione n° 5: Sovente la costruzione di un nuovo percorso di golf offre la possibilità di sviluppare nuove iniziative edilizie

Tale critica parte dal presupposto che i percorsi di golf sono un pretesto per ottenere licenze di costruzione ed effettuare quindi speculazioni edilizie.
La verità è che in tali situazioni il golf è solo un aspetto marginale dell’affare, sarebbe come prendersela con i giardini quando viene edificato un nuovo quartiere. Molto più utile in tali frangenti discutere con le autorità locali sul tipo di sviluppo territoriale programmato o programmabile.

Obiezione n°6: I percorsi di golf sono aree chiuse ed esclusive che non comportano benefici alla comunità locale

In realtà i percorsi di golf risultano un’indiscutibile risorsa economica in sé (Tabella 1), per la comunità locale e per le strutture confinanti, sia diretta che indotta (turismo).

Tabella 1 – Percorsi di golf e numero dipendenti in Italia (aggiornamento al marzo 2009)

Numero di buche Numero medio di dipendenti (segreteria,
operai campo, pulizie, caddie…)
Numero di lavoratori interni al percorso
(pro-shop, ristorante, piscina, etc.)
Numero di lavoratori part-time Numero medio  lavoratori
per circolo
36 30 10 3 43
27 25 8 3 40
18 16 6 3 27
9 9 4 2 15
3-6 3 2 1 6
Campo pratica 2 1 1 4

 

Piccole-medie imprese locali coinvolte

Pulizie e lavasecco, floro-vivaismo e giardinaggio, concimi sementi e fitofarmaci, macchine agricole, impianti di irrigazione, arredamento e illuminazione, coppe e trofei, cartoleria, materiale informatico ed elettronico, consulenze varie (sicurezza, agronomo, avvocato, commercialista, medico del lavoro, architetto, altro), ditte catering e buffet, benzina gasolio e gas, personale specializzato (meccanico, elettricista, idraulico, altro), smaltimento rifiuti, stampe, litografie, bar, ristoranti, alberghi, negozi, altro.
Un esempio documentato per tutti: il Golf Club Garlenda (Savona). Negli anni sessanta Garlenda soffriva, come tutti i paesi agricoli, l’emigrazione dei suoi abitanti verso la città, verso l’industria. Nel 1964 a Garlenda esisteva una sola locanda, gran parte delle case era abbandonata e in rovina, i giovani lasciavano il paese, il Comune aveva un bilancio irrisorio; Garlenda era considerata un posto sperduto e poco interessante. La costruzione del campo di golf diede invece il via all’attività turistica del paese.

Il campo direttamente occupa 30 persone e l’attività commerciale attorno ad esso prende piede: nuovi negozi, la farmacia, il parrucchiere, ferramenta, elettricista, gli agriturismi… La popolazione raddoppia, le case e i rustici sono tutti restaurati, il Comune indirizza le sue scelte verso la vocazione turistica, migliorano i servizi e nascono nuove infrastrutture (acquedotto, depuratore, il ponte sul Lerrone). Nascono altre strutture sportive e ricettive: maneggio, piscina, campi da tennis, da bocce, pista da pattinaggio. I ristoranti sono diventati 10, gli alberghi 3.
L’ISTAT indica Garlenda dopo Portofino nella classifica di reddito pro-capite.

In questo caso il campo di golf è stato un elemento di valorizzazione dell’entroterra ligure, inserito nel paesaggio senza stonature architettoniche. Ed anche un esempio di collaborazione tra circolo, Comune e vocazione turistica (tratto da “Storia, Sport e Turismo” edito dal Comune di Garlenda, 1992)

Una ultima nota: il 25 marzo 2010 la Federazione Italiana Golf e le massime organizzazioni che si occupano in Italia di ambiente – il WWF Italia, Lega Ambiente, Federparchi e la LIPU – si sono seduti ad uno stesso tavolo. Dopo aver condiviso i numerosi valori ed obiettivi comuni, hanno anche deciso di collaborare per la redazione di un documento, un Protocollo di Intesa, siglato a febbraio 2011 nel quale sono indicati i requisiti necessari a garantire una costruzione ed una manutenzione dei percorsi di golf nel rispetto dell’ambiente.