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F. Molinari: “Punto in alto nell’Open Championship”

Francesco Molinari (foto Scaccini)
  08 Luglio 2016 In primo piano
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Ottimo risultato all’Open de France con un secondo posto. Quando hai capito che saresti potuto arrivare così in alto? “Sin dal primo giro ho avuto buone sensazioni riuscendo a restare in scia del leader. Confortato dal buon rendimento, sono riuscito a non perdere terreno da chi mi precedeva fino all’accelerazione nell’ultimo round nel quale ho recuperato dieci posizioni”.

Terza volta in 9 edizioni che firmi un secondo posto in un torneo così prestigioso. Possiamo dire che hai un feeling particolare con il percorso parigino de Le Golf National? “Sicuramente è un campo che si adatta molto bene alle mie caratteristiche, perché premia la precisione dal tee e nei colpi al green. Un tracciato molto tecnico che offre occasioni da birdie pur nascondendo molte insidie se si va in rough o in acqua”.

La prossima settimana sarai in gara in Scozia nell’Open Championship, il terzo major stagionale. Cos’è che rende un major così speciale agli occhi dei giocatori? La storia, il blasone e la tradizione di questi tornei suscitano un fascino unico. Vedere nomi così importanti nell’albo d’oro ti trasmette grande adrenalina”.

In campo nell’Open Championship ci sarà anche l’amateur Stefano Mazzoli, campione europeo in carica. Nei tuoi anni da amateur qual è stato il momento in cui hai capito che eri pronto per il salto tra i professionisti? “Per me la consapevolezza di poter diventare professionista è arrivata relativamente tardi: dopo una buona carriera da dilettante il miglioramento più evidente c’è stato fra i 18 e i 20 anni e soltanto nei due anni successivi ho capito che valeva la pena intraprendere la strada da professionista. Ovviamente, ogni giocatore ha un percorso diverso e nel caso di Stefano la vittoria nei Campionati Europei Individuali denota già delle capacità tecniche che possono preludere a un grande avvenire”.

Quali suggerimenti daresti a chi vuole iniziare a giocare a golf? “L’allenamento è l’unica componente imprescindibile per raggiungere determinati risultati. Di sicuro il golf è uno sport che lascia aperte le porte anche a chi non ha iniziato a giocare da giovanissimo. I risultati in ambito dilettantistico contano relativamente, ma gettano le basi per acquisire consapevolezza dei propri mezzi. Non credo esista una strada migliore di un’altra per costruire la propria carriera golfistica, anche perché il salto nei pro azzera tutto e apre nuovi scenari”.

Qual è la tua giornata tipo quando non sei impegnato nei tornei internazionali? “Porto mio figlio Tommaso a scuola (Francesco è papà anche di una bambina di 11 mesi ndr) poi mi alleno per un paio d’ore in palestra e nel pomeriggio vado in campo per esercitarmi nel gioco corto e nel gioco lungo. In totale una media di 5 ore per ogni seduta di allenamento. Chiaramente la preparazione cambia in base alla vicinanza con le gare. In questa settimana, ad esempio, sto lavorando di più in funzione dell’Open Championship”.

C’è un aspetto del tuo gioco che stai curando con più attenzione? “I risultati e le prestazioni delle ultime settimane mi hanno dato indicazioni confortanti, quindi non mi sto concentrando su qualcosa in particolare, ma sto curando tutte le aree di gioco cercando di mantenere inalterato il feeling sul campo”.

Quando torni a giocare nell’European Tour sembri avere una marcia in più rispetto alla media dei giocatori.  Che spiegazione ti sei dato? Giocare in America è un’esperienza molto formativa e le mie prestazioni nelle gare sull’European Tour credo stiano dimostrando che ho fatto la scelta giusta. Dopo tanti anni sul circuito europeo avevo bisogno di una nuova sfida che mi trasmettesse stimoli diversi”.

A settembre sarai tra i protagonisti del 73° Open d’Italia, il primo con montepremi da 3 milioni di euro dopo l’assegnazione della Ryder Cup 2022. Riesci a immaginarti che atmosfera ci sarà al Golf Club Milano? “Se si riuscisse a ricreare il successo di pubblico del 2015 (50 mila spettatori in 4 giorni di gara ndr) sarebbe già un risultato straordinario. L’anno scorso giocare con così tanta gente dietro le corde è stato elettrizzante”.

Quali sono stati commenti dei tuoi colleghi stranieri dopo l’assegnazione all’Italia della Ryder Cup 2022? “C’è tanto entusiasmo e curiosità per l’edizione italiana della Ryder Cup e, più in generale, per la progressione del movimento golfistico italiano come si evince dalla crescita del montepremi dell’Open d’Italia”.

Ti senti fra i potenziali convocabili di Darren Clarke, capitano del team europeo nella Ryder Cup che verrà disputata a ottobre in Minnesota? “Darren ha avuto dei contatti con me così come con gli altri giocatori che hanno chance di qualificarsi. Credo che gran parte della squadra sia già formata, ma i prossimi tornei, e in particolare l’Open Championship e l’US PGA Championship, metteranno in palio punti preziosi. Dipenderà dai risultati e dallo stato di forma di ciascun giocatore. Ci proverò e sarebbe fantastico giocare la mia terza Ryder Cup”.

La tua laurea in Economia Aziendale ti ha aiutato anche in campo? Indubbiamente una formazione universitaria può essere di supporto anche nello sport e aiuta a sviluppare una mentalità più aperta. A distanza di anni capisco l’insistenza dei miei genitori affinchè io e mio fratello Edoardo portassimo a termine il percorso accademico (Edoardo è laureato in Ingegneria ndr).

Come immagini il futuro dei tuoi figli? Sacca da golf o banchi dell’università? Sicuramente l’istruzione verrà al primo posto. Forse è prematuro parlarne perché Tommaso ha 5 anni, però noto che comincia a seguire le mia gare in televisione e sembra piacergli…”

 

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